Questo periodo ci ha portato a fare delle riflessioni, a partire dalle abitudini quotidiane, che abbiamo potuto vivere e osservare con più attenzione, fino ad arrivare a pensieri più inafferrabili sul futuro, nostro e del nostro pianeta.
Il contatto continuo e costante con la nostra casa ci ha reso più chiaro il concetto di “comfort”,
Abbiamo rivalutato angoli trascurati o spazi inesplorati della nostra abitazione, e ci siamo impegnati per renderli più confortevoli e adatti a noi.
Per i nostri condomini abbiamo desiderato servizi di portineria efficienti e cordiali, servizi di manutenzione di facile accesso in modalità remota, una palestra, mezzi di trasporto in condivisione per noi e i nostri propri ospiti, depositi per le biciclette, per gli attrezzi sportivi e per i nostri acquisti online, una piattaforma web sulla quale scambiare opinioni, commenti, oggetti e reciproche cortesie.
Abbiamo riscoperto il senso di “comunità” e l’importanza della solidarietà.
Dalla finestra sotto la quale abbiamo sistemato la nostra postazione di lavoro abbiamo visto arrivare le rondini e abbiamo salutato per la prima volta il nostro vicino. Abbiamo percepito con emozione ed empatia la “comunità” intorno a noi.
Abbiamo immaginato che la nostra casa non finisse oltre la porta di ingresso, ma proseguisse idealmente negli spazi comuni e nel giardino del nostro condominio, sui marciapiedi e sulle piste ciclabili fino alle piazze e ai negozi del nostro quartiere.
Abbiamo riassunto il concetto di sharing nei concetti di senso civico e di rispetto.
Nell’idea di prendersi cura della nostra città e del nostro territorio, come se tutto quanto fosse un prolungamento della nostra abitazione.
Questo triste periodo ha insegnato a tutti noi, non solo architetti ed ecologisti, a riflettere con più attenzione sulla “sostenibilità” e sull’impatto che le nostre azioni hanno sull’ambiente.
Sappiamo che sostenibilità significa ridurre i consumi, ma dobbiamo imparare a sostituire ciò che è obsoleto, mediocre e non ecologico, per dare spazio a nuovi edifici più durevoli, costruiti seguendo principi di inclusione ambientale e sociale.
Noi che abbiamo la fortuna di vivere in un Paese eccezionalmente ricco di storia e di cultura, dobbiamo avere il coraggio, quando è necessario, di migliorare l’esistente e ricostruirlo per un futuro fatto di città più confortevoli e paesaggi più tutelati.
Credo che da qui si debba ripartire per re-immaginare le città, i nuovi quartieri e l’architettura in generale.
Io sono fiducioso: se non lo fossi non potrei essere un architetto. Il mio lavoro è “progettare”, inteso proprio come “gettare in avanti”, ideare con ottimismo qualcosa che ancora non esiste.
Il futuro ci attende con opportunità e soluzioni che aspettano di essere esplorate e realizzate, ma soprattutto con la consapevolezza che questa tragedia ci ha lasciato in dono una nuova sensibilità che ha risvegliato le nostre coscienze.
Vittorio Grassi