Landmark CeramicsCome ogni anno, in attesa dei dati consuntivi 2015 del TCNA – Tile Council of North America – che verranno divulgati mentre andiamo in stampa e saranno discussi al Coverings, cerchiamo di analizzare il mercato USA della ceramica sulla base dei dati ufficiali disponibili e di quelli aziendali (i cui report sono gestiti naturalmente con più precisione ed immediatezza).

Il 2015 si confermerà essere stato il sesto anno consecutivo di crescita, anche se sarebbe più corretto definirlo di recupero dalle performances di picco dello scorso decennio. A metà anno, le vendite assolute dicevano un più 11%, ma sappiamo di aziende italiane che hanno performato degli eclatanti +20% ed oltre come fatturato, certo agevolate anche dall’andamento dell’euro verso il dollaro, che ha generato immensi benefici in termini sia di maggiori volumi – per prodotti price-sensitive – che di recupero di marginalità, ciascuno secondo il proprio mix di mercato, clientela e principi gestionali.

A metà anno, l’import di piastrelle negli USA segnava un più 10,3% rispetto al corrispondente periodo 2014, il quale però scontava ancora un dollaro troppo debole, ed infatti rispetto al 2013, che era stato migliore, l’import 2015 è cresciuto meno, ‘solo’ 8,8%, per un totale di 911 milioni e rotti di piedi quadrati, pari a poco meno di 90 milioni di mq. Le piastrelle italiane sono cresciute del 9% circa, esattamente a metà tra i due indici e, come vedremo dopo, con sostanziale assoluta conferma dei prezzi medi, quindi le quantità sono cresciute proporzionalmente, seppure in presenza di un diverso mix di formati. Questa percentuale è stata sostanzialmente confermata anche nel terzo trimestre, dove l’accelerazione degli ordini primaverili e gli effetti del break-through del cambio tra le valute ha concentrato il grosso delle consegne. Aspettiamo invece la conferma ufficiale di un rallentamento nell’ultimo trimestre.

La percentuale dell’import sul totale mq venduti negli USA però è calata anno su anno, dal 68.7 al 67.9%, di un solo punto certo, ma testimonianza del fatto che le fabbriche locali ormai ‘corrono’ tutte, perché hanno aumentato la capacità, mentre siamo in attesa dell’arrivo dirompente sul mercato di diversi milioni di mq aggiuntivi proveniente dalle fabbriche in via di avviamento nel Tennessee (Daltile-Marazzi a Dickson dove produrrà prima il formato massimo di 90×90 poi a seguire crescendo fino al 120 o 150 cm, in gres tecnico, Gruppo Concorde a Mount Pleasant, e la cinese Wonderful Marco Polo a Lebanon) a cui si aggiungono tutti gli aumenti pianificati, da Daltile a Dallas per ulteriori 5 milioni di mq, FlorimUSA, Stonepeak (che ha rinnovato tutto lo staff dirigenziale di prima linea e attende di realizzare il primo impianto negli USA per grandi lastre), e via via tutti gli altri. Daltile ha in previsione di raddoppiare lo stabilimento di Salamanca alle porte di Città del Messico, comunque finalizzato alla pasta

rossa, mentre ha acquisito la scorsa estate la fabbrica San Lorenzo di Etex (cioè la belga Eternit) che si trova a Mexicali, quindi proprio sul confine con la California, da cui strategicamente serve pure Arizona, Nevada, Oregon, Utah, e Washington, poiché di fatto non esistono negli USA fabbriche ad Ovest delle Montagne Rocciose. Non a caso intende espanderla a breve.

La società US Tile del gruppo Concorde ha scelto il nome di Landmark Ceramics, il cui brand sarà presentato proprio al Coverings. Perciò possiamo finalmente riscontrare, dopo la progressiva ‘estinzione’ di tante aziende storiche produttive, che negli USA finalmente si consoliderà una decisa ripresa della produzione autoctona, tale da scavalcare nel giro di pochi mesi il fatidico livello di 100 milioni di mq, comunque sempre ben al di sotto del 50% del livello delle vendite domestiche.

Cina e Messico continuano a contendersi, sempre poco sotto se non attorno al livello del 30%, il primato quantitativo sulle importazioni, l’Italia supera il 17% in volumi ma soprattutto si conferma essere in valore sempre di gran lunga avanti a tutti, con il 34% del valore delle importazioni, mentre l’anno precedente sfiorava il 35%. Anche in questo caso, le numerose fabbriche possedute dagli italiani hanno ovviamente corso molto.

Lo conferma il fatto che, rispetto al prezzo medio ponderato – incluso trasporto, dogana ed oneri vari – di 2.06 $/sq.ft del 2014, il prezzo medio di acquisto per gli importatori di materiale italiano è rimasto praticamente identico, crescendo di un solo centesimo. Ovviamente, il cambio US$ contro Euro è molto diverso, e quindi per chi ha costi in Euro, aver mantenuto i prezzi stabili in US$ è un grande successo nel breve periodo, visto che corrispondono, per chi acquista, ad un esborso prossimo a 22 US$ per metro quadrato. Gli spagnoli invece sono cresciuti del 15% in valore, ma questo a fronte di un calo dei prezzi del 5%, dunque le quantità vendute sono state ovviamente in proporzione leggermente superiori.

Cristiano Canotti

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