Castellon, le eccellenze agli estremi

L’azienda ‘media’ ceramica oggi? In generale, ovunque sia collocata nel mondo, ha una alta probabilità di essere, nei 10 anni che seguiranno, moritura o moribonda. Troppo piccola per essere grande, troppo grande per essere piccola. Non è più sufficientemente snella, destrutturata e quindi competitiva, né può avere le risorse di base per innovare il prodotto o il processo, può solo ‘scroccare’ qua e là, se inserita in un distretto, dal sistema in cui non è leader. È proprio in questa categoria che si sono concentrati quasi tutti i principali e recenti disastri aziendali italiani, insieme a qualche debole ‘piccolino’ che non ce l’ha fatta per evidenti limiti di risorse. I grossi gruppi finora sono stati davvero forti o ‘too big to fail’. Finora. La sola strada che rimane ai ‘medi’ (nelle dimensioni e nelle performance) per non diventare ‘mediocri’ e quindi per sopravvivere è la ricerca di una eccellenza: di prodotto e di prezzo, sia questo un imbattibile rapporto di qualità/prezzo o un posizionamento premium. L’industria ceramica spagnola conferma le sue differenze storiche con l’Italia, dovuta alle evidenti peculiarità (noi gli impiantisti, loro i colorifici, noi l’export centroeuropeo e nordamericano, loro il Nordafrica ed il Medio Oriente, noi il porcellanato, loro la pasta rossa). Il cambiamento globale avvenuto in questi ultimi anni dopo il 2008 non è la stampante digitale o la lastra ceramica da 6 metri quadrati, ma sta davvero tutto nella assoluta, velocissima e nuova (per gli impreparati) capacità di agire e reagire. I muscoli uno doveva farseli prima, ADESSO è TARDI. Ed infatti in Spagna abbiamo un’industria a due velocità, polarizzata su segmenti opposti, come pure in Italia, ma in modo differente. Nella Generalitat l’industria ceramica è cambiata molto. La crisi ha spazzato via oltre il 40% delle 175 aziende presenti nel 2007, e soprattutto si è verificata finalmente una concentrazione di imprese, dove le aziende più liquide hanno approfittato della situazione per lo shopping di aziende decotte o di alcune che avevano fatto un passo più lungo della gamba investendo troppo, o troppo tardi. È scomparsa la classe media: non esiste quasi più, in maniera ancor più violenta di quanto avvenuto in Italia. Da noi esistono ancora, ma sono le meno profittevoli, si sa e si vede. In Spagna, o si lotta per i prezzi bassi o si va in alta gamma. Secondo Ascer, in un solo anno, il prezzo medio ponderato è sceso di 0,50 Euro/mq, fino a 6,45. Eppure il settore va meglio, lo si sa e si vede. È che il medio non è diventato mediocre, è proprio quasi sempre ‘morto’ velocemente. Quel prezzo ‘medio matematico’ non è sincero: le aziende si dividono tra quelle competitive ben sotto i 5 Euro medi e quelle vicine a 10 ed oltre. E spesso guadagnano entrambe. Quelle a metà strada invece sono morte o agonizzano. Oggi ci sono aziende più grandi, ma snelle, che producono molti milioni di mq, con altissima produttività, un prezzo molto competitivo, e politiche commerciali molto aggressive. I casi di successo sono noti, da Baldocer ad Argenta (aziende attorno ai 20 milioni di mq) da Stylnul Cenusa ad Halcon, che hanno via via incorporato Arce, Ballesmar, Italgres, appunto aziende nobili decadute, tanto che adesso si va all’attacco di TAU, rimasta con poco più di 100 persone mentre dieci anni fa ne aveva 1000. Costoro producono a costi più bassi di molti competitors stranieri, e riescono quindi ad esportare combattendo con successo il produttore locale o l’italiano. Il paradigma è Pamesa, che ormai ‘vede’ i 400 milioni di fatturato, con 55 milioni e più di capacità, un paniere di marchi e di fabbriche come nessuno mai prima (Prissmacer, Compacglass, Ecoceramic, Geotiles, e adesso pure Navarti con nella pancia la ex Gres de Valls e Valentina) ma ‘appena’ un migliaio di dipendenti, segno di produttività confermato pure con una logistica raffinata, con magazzini verticali per 65.000 pallet. Noi abbiamo 6-7 aziende con questo fatturato, molto diverse e quasi tutte con una offerta più ampia e ricca, ma non sempre altrettanto remunerativa. Poi abbiamo finalmente anche qui commerciali di successo quali APE. Dall’altra parte, la vera ‘nobiltà’: ovviamente Porcelanosa, con la sua celebre serie di ‘tiendas’ nel mondo, Grespania che ora entra nel mondo delle grandi lastre con tecnologia System, poi il gruppo Aparici, Keraben (anche se la proprietà vede ora un fondo USA causa note difficoltà finanziarie), aziende più piccole, ma di eccellenza come Peronda e Fanal, che difendono la forza del brand e la reputazione guadagnata in anni e anni, per finire agli ex marmisti Levantina, Techlam-TheSize fino a Cosentino che con Dekton raddoppia la sua offerta di lastre a forte spessore che si aggiungono ai marmi naturali ed ai ricomposti. Tutti questi non svendono, molti fanno più fatica a fare apprezzare il differenziale rispetto ai concorrenti ‘low cost-no frills’ ma d’altronde è davvero un po’ la storia del mondo di oggi, o caviale o mortadella, o frizzantino o champagne, e chi sta nel mezzo è perduto.

Cristiano Canotti